Speco di San Francesco
Il complesso, gravido di un profondo senso di pace, comprende l’Eremo originario, fondato dai Benedettini intorno al Mille, il convento voluto da San Bernardino da Siena in memoria del fondatore dell’Ordine francescano e gli ambienti risalenti al periodo in cui Francesco dimorò in questo sito, costruiti accanto alla grotta dove il Santo si ritirava per pregare in solitudine. Questa grotta divenuta sacra identifica il Santuario, tanto da portarne il nome. Francesco, accompagnato da alcuni dei suoi frati, arrivò all’Eremo di Sant’Urbano nel 1213; la piccola comunità iniziò a riunirsi per lodare il Signore nel piccolo oratorio di San Silvestro, edificato dai monaci benedettini nell’XI secolo.
L’abside di questa chiesetta, che fu il principale luogo di preghiera della congregazione dello Speco fino alla seconda metà del XVI secolo, conserva un affresco del Trecento raffigurante il Crocifisso con Maria e San Giovanni Evangelista da un lato e San Francesco e San Silvestro dall’altro.
La cisterna collocata dietro l’abside, rievoca il miracolo compiuto da Francesco durante il suo soggiorno. Tommaso da Celano nel “Trattato di miracoli” racconta che il Santo, ammalato, tramutò in vino, con la benedizione, l’acqua attinta dalla cisterna, e che si ristabilì in poco tempo dopo averlo bevuto.
Nella parte più bassa del Santuario sorgono anche gli ambienti costruiti nel ‘400: di questo secolo è l’arioso chiostro, il semplice Refettorio con i tavoli originali e al piano superiore le austere celle del conventino che San Bernardino da Siena fondò per ospitare i novizi e in cui dimorò lo stesso predicatore francescano. La chiesetta che si incontra all’ingresso del complesso venne edificata alla fine del ‘500 contestualmente all’ampliamento del convento; in questo piccolo ambiente a volta spicca un Crocifisso ligneo del XVI secolo.
Salendo lungo un viale che si apre nel bosco di alberi secolari si giunge alla grotta di Francesco e all’oratorio a lui dedicato. Due affreschi sulle pareti di questa chiesetta raccontano il miracolo del vino. Nella cella accanto è ancora custodito il letto in cui riposò il Poverello nel periodo della sua malattia. Una notte per alleviare la sua sofferenza, un angelo apparve sulla roccia che si erge davanti alla cella e prese a suonare la cetra cosicché quella roccia è stata chiamata “colonna dell’Angelo”.
Ma a mantenere vivo il ricordo della presenza del Serafico forse è soprattutto il maestoso castagno che svetta sul prato antistante. La tradizione narra che iniziò a germogliare nel punto dove Francesco piantò il suo bastone prima di ripartire. Ogni anno offre i suoi frutti ai pellegrini che giungono al Santuario.