Porta Spoletina
Era una delle porte principali della città, realizzata in occasione dell’ampliamento della cinta muraria nel medioevo. Luogo fortificato, è anche chiamata Porta dei Tre monumenti in memoria dei cenotafi, rinvenuti nelle vicinanze, che una diffusa tradizione popolare attribuisce ai Tacito: lo storico Cornelio e gli Imperatori Marco Claudio e Floriano Tacito.
Non molto lontano dalla Porta furono anche ritrovati i ruderi di un grande arco di trionfo che sembra fosse dedicato a gloria dell’imperatore Domiziano, ma tutte le vestigia esistenti appena al di fuori della cinta muraria sono andate perse definitivamente in occasione della costruzione in quel luogo della fabbrica meccanica “Bosco”, negli anni a cavallo dello scoccare del XX secolo, i cui capannoni sono stati di recente recuperati (dopo che negli anni Ottanta la fabbrica si è trasferita all’area industriale) e sono ora utilizzati quale sede del Videocentro ternano.
A poca distanza dall’arco di Porta Spoletina, all’interno delle mura resta un antico molino, uno delle tante macine d’olio che era alimentata dai canali che percorrevano, in una rete piuttosto fitta ed estesa, tutto il territorio intorno alla città.
Appena al di là della porta, lungo la Flaminia sorgeva la chiesa dedicata alla Madonna della Misericordia: lì s’era fermato Papa Clemente VII per dire le orazioni mentre era in viaggio per Ferrara, lasciando in elemosina cento scudi. Sul colle prospiciente sorgeva invece la chiesa di Santa Giusta ed ancora più in alto l’Eremita detta “Vecchia”, occupata dai frati cappuccini. Su tutte le altre sovrastava la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo seguita, sul ciglio del monte in direzione della Somma, dalla chiesa della Concezione e da quella di San Zenone, che si trovava a poca distanza dalla Rocca omonima.
Essendo il primo baluardo per gli eserciti invasori che percorrevano la Flaminia verso Roma, Porta Spoletina è stata di continuo sottoposta ad attacchi. Uno dei più disastrosi per le strutture della porta fu quello dell’esercito di Braccio da Montone che nei primi anni del 1400 bruciò la porta e, ad onta dei ternani, si portò via il grande catenaccio di ferro quale trofeo di guerra.